Chiasso: 4.3.1928 - 5.6.2003, CH. Pittore informale, concettuale e gestuale. Incisione, litografia, serigrafia, mosaico, vetrate e scenografia.
Terzogenito del vodese Alberto, rappresentante, trasferitosi a Chiasso da Briga nel 1922, e della chiassese Pia Corecco. La formazione di Sergio Emery è stata variamente sollecitata: ammesso nel 1945 alla Kunstgewerbeschule di Johannes Itten, vi frequenta l’anno propedeutico ma abbandona l’insegnamento zurighese sentito come rigidamente razionale; artista sperimentatore nel chiuso ambiente ticinese del primissimo dopoguerra, si iscrive nel 1947 all’Accademia Cimabue di Milano. Ad avere un peso importante sulla sua formazione saranno la rivelazione del «Fronte Nuovo delle Arti» alla Biennale di Venezia del 1948 unita alla stimolante frequentazione, fra ottobre e dicembre dello stesso anno, dell’atelier parigino del neo-picassiano Edouard Pignon. Vince la Borsa federale di belle arti (1948), realizza l’affresco per Casa Raimondi a Chiasso (1949), partecipa a concorsi e mostre collettive come l’Esposizione annuale d’arte di Lugano (1947; 1948). Nel 1954 sposa Giuliana Ferrari di Chiasso con la quale ha due figli, Matteo e Nicola, nati nel 1955 e nel 1958. Dal 1956 al 1977 è attivo come arredatore d’avanguardia. È scenografo alla RTSI (1976–1991). Mosaico per la sede dell’Unione di banche svizzere di Mendrisio (1967). Dal 1968 numerose esposizioni personali e collettive in Svizzera e in Italia. Dal 1975 partecipazione all’Art di Basilea e personali alla Galleria Medici, Soletta, e alla Galleria Wiedenkeller, Zurigo. Negli anni ’90 personali alla Sala Diego Chiesa, Chiasso (1990), alla Galleria Franz Mäder a Basilea e alla Galleria Bommer a Zurigo. Retrospettiva alla Pinacoteca comunale Casa Rusca, Locarno (1997). Nel 2001 il Museo cantonale d’arte dedica una mostra alle opere donate dall’artista per completare il nucleo già presente in collezione.
Il sicuro esordio di Sergio Emery avviene nel 1968 nell’ambito dell’informale. Con una gestualità larga e apodittica, che adombra, forse, un’ammirazione per Hans Hartung, Emery stende una materia pittorica di cupo cromatismo. Ma presto la materia si raggela in campiture di colori acrilici squillanti in opere tangenti l’esperienza pop (1970–71), per affidarsi poi all’astrazione del segno a matita e di frammenti extrapittorici di ascendenza concettuale nelle serie Erbe, Ex-voto, Reliquie, Protesi, Serre (1973–77). Questa attitudine alla cura della natura, di significato etico, si estende anche al corpo vulnerabile e impermanente quando nel 1981 compaiono la figura umana e ambienti ospedalieri. Embrioni antropomorfi sono anche le Bambole (1982), gettate in uno spazio senza gravità, nelle quali la pittura torna a liberarsi squillante e nervosa. Per tutti gli anni ’80 la pittura di Emery esplode in gestualità di colore puro, entrando in sintonia con la vitalità della natura nelle energetiche forme ruotanti e nell’affollamento orizzontale delle pennellate in opere ispirate alla terra arata e al mare (1993). Negli anni ‘90, con una più dispiegata energia, Emery rinnova l’esperienza della corrispondenza del gesto con i più remoti stati emozionali, sorvegliandone qualità espressiva e tenuta anche in vasti formati.
Opere: Basilea: Collezione Ciba-Geigy, La Nazionale svizzera assicurazioni; Bellinzona, Museo Villa dei Cedri; Chiasso: Collezione Credit suisse, Collezione Unione di banche svizzere; Lamone, Collezione Banca popolare svizzera; Lugano: Collezione Banca del Gottardo, Collezione Fidinam, Museo cantonale d’arte, Museo civico di belle arti; Mendrisio, Unione di banche svizzere, atrio; Soletta, Collezione Visura.
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